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Nella filosofia aristotelica il principio su cui si fondava la scienza era il principio di non contraddizione: A ≠ non A (A è diverso da non A). La filosofia moderna e la stessa filosofia kantiana si fonda invece sul principio di identità: A = A (A è uguale ad A).
Fichte afferma che entrambi i principi derivano a loro volta da uno più generale: l'Io. Se non ci fosse l'Io non sarebbe possibile, infatti, affermare i primi due principi. È l'io che pone il legame logico A = A, e che quindi pone lo stesso A, ma l'Io non è posto da nessun altro se non da sé medesimo, cioè si autopone: Io = Io. Quindi, l'Io essendo condizione di sé medesimo si auto-crea.
La concezione comune ci farebbe pensare che prima vengono gli oggetti e successivamente le funzioni compiute dagli stessi, ma Fichte è categorico nel rovesciare questa credenza. Ciò che viene comunemente chiamato "cosa", oggetto, non è altro che il risultato di un'attività. Nella metafisica classica si diceva: operari sequitur esse (l'azione consegue l'essere), Fichte ora afferma: esse sequitur operari (l'essere consegue l'azione).
L'io pertanto viene ad essere in quanto si autopone: l'essenza dell'io consiste proprio in un'attività autocosciente: il suo pensare è creare. L'Io fichtiano è, quindi, l'intuizione intellettuale che Kant riteneva impossibile all'uomo poiché coincidente con l'intuizione di una mente creatrice.
L'Io non coincide con il singolo io empirico, ma è l'Io assoluto da cui tutto deriva. Per questo motivo Fichte introdurrà altri due principi che mostrano la molteplicità degli io individuali e l'inesistenza di un mondo esterno.
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